Anni trenta:arrivano
Guaita,Scopelli,Stagnaro
I Tre Moschettieri
La Roma è grande:fra il 1931 e il 1936 conquista due secondi posti,
un terzo, un quarto e un quinto. E dà spettacolo. Primattori, per una
stagione sola, tre argentini guidati dal "Corsaro Nero"
Le
prime stagioni romaniste hanno sempre avuto prati fioriti.
Dall'inizio del girone unico fino all'avvento del Grande Bologna nel 1936, è
stata una storia di successi. Scudetto conteso alla Juve nel 1931, con prestigioso
secondo posto finale. Consolidamento della superiorità sulla Lazio specie
nei confronti diretti: il derby sembrava diventato un luogo e un tempo dedicato
solo alla Roma, alla passione dei suoi tifosi, alle spettacolari esercitazioni
di Masetti, Ferraris Iv, Bernardini e soprattutto «Sciabbolone»
Volk, che ogni volta faceva strame degli storditi avversari.
Deporre dal trono una Juve avviata a vincere cinque scudetti consecutivi non
rientrava nelle possibilità della Roma, che però ottenne clamorose
rivincite nei confronti diretti: il famoso 5-0 del 15 marzo 1931 -due gol di
Bernardini- ispirò anche un film con Angelo Musco, l'attore siciliano
noto per le sue virtù comiche. La folla cantava: «Campo Testaccio,
c'è tanta gloria/nessuna squadra ce passerà...». Era
nata una leggenda, Testaccio è ancora oggi un simbolo, un ricordo acquisito
anche da chi allora non era neppure nato e mai è passato poi dalle parti
del Monte dei Cocci. Una clamorosa notizia squarciò, nell'estate del
1933, il sonnolento ambiente calcistico italiano, quasi rassegnato alla supremazia
juventina: dava segni di grande vitalità solo il Bologna, che arrivava
galoppando. La Roma continuava a raggiungere ottimi piazzamenti, una volta terza,
un'altra volta quinta. Il dispaccio improvvisamente giunto dall' Argentina,
comunicava che la Roma
aveva acquistato tre dei più grandi esponenti di quella emerita scuola
calcistica: il centravanti-ala Guaita, la mezzala Scopelli, il centromediano
Stagnaro.
Bernardini arricciò il naso alla sua maniera dubbiosa e malfidata: Stagnaro,
che vuole costui? Stava infatti per nascere una rivalità che avrebbe
lacerato la Roma. Erano bravi davvero: Guaita il «Corsaro Nero»,
attaccante capace di grandi sintesi: rapidità, precisione, potenza.
Scopelli «el conejto», laborioso centrocampista di costruzione,
Stagnaro «el tano» difensore di grande senso tattico. Però
c'era Bernardini, e Stagnaro dapprima fu impiegato come difensore puro. Poi
la Roma cominciò una lenta opera di persuasione nei confronti di Fulvio,
inducendolo infine a indossare la maglia n.10.
Per un fuoriclasse che aveva cominciato come portiere, che era stato poi applaudito
centravanti, figuriamoci se poteva costituire un problema. Però Fulvio
era un antico romano, e dunque fece una dura opposizione di principio. Ci furono
accese polemiche, poi Fulvio si infortunò. Tanto bravo era Guaita, che
divenne campione del mondo con l'Italia, nel 1934 a Roma. Nella finale dellO
giugno contro la Cecoslovacchia c'era anche lui, sette giorni prima aveva segnato
l'unica rete della semifinale contro l'Austria.
La Roma declina con Fulvio
Li
chiamavano i Tre Moschettieri, e non era vero, non ne avevano la dignità.
Tutti e tre, Guaita Scopelli e Stagnaro, fuggirono, come malandrini con il bottino
sottobraccio, una notte del 1935.
Si erano avvalsi del doppio passaporto per ottenere in Italia gloria e benessere
e se ne avvalevano adesso per guadagnare la furtiva via del ritorno. Erano inseguiti
dalla paura. L'Italia stava per intraprendere la sua avventura militare in Etiopia
e i Tre Moschettieri non volevano correre il rischio di essere arruolati. Si
temeva uno sconquasso, per il contraccolpo soprattutto psicologico, e accadde
invece nella Roma qualcosa di straordinario. La reazione fu energica, orgogliosa:
fu scoperto nel giovane Dante Di Benedetti, un ragazzo dallo sguardo triste
e solo apparentemente rasseganto, che scendeva dai Castelli Romani, un degno
sostituto di Guaita. Di Benedetti fu la rivelazione del torneo, il capocannoniere
della squadra. La Roma sfiorò lo scudetto arrivando seconda ad un solo
punto dal Bologna. Era il miglior piazzamento di sempre. Lo sconquasso si verificò
subito dopo, provocato da una irresistibile suggestione, da una falsa idea di
potenza: la Roma si credette trionfalmente forte e non si rafforzò adeguatamente.
Di Benedetti uscì di scena per un grave infortunio, come se la sua tristezza
trasportasse un lontano presagio. E cominciava a girare inquieto nell'accampamento
romani sta un Fulvio Bernardini quasi disamorato, e comunque in pieno declino.
Un freddo giorno del 1939 la Lazio violò infine Testaccio, esattamente
dieci anni dopo il primo derby.
Eugenio Danese sul "Littoriale" scrisse: «Se dico che mi tremano
le mani nell'addossare a Bernardini la maggior parte della colpa della sconfitta,
credetemi». E lo stesso Bernardini, diventato giornalista, scriverà
un giorno: «Ebbi dei guai con la critica, che mi addossò la resposabilità
della sconfitta. Fu il mio ultimo derby e me ne rimane ancor oggi una viva amarezza».
Il record di Guaita, il gentleman
Enrico
Guaita ha lasciato traccia indetebile del suo breve passaggio in Italia: capocannoniere
della Roma e del campionato 1934-35, con i suoi 28 gol in 29 partite è
rimasto il recordman dei bomber nei tornei a 16 squadre, nessuno ha saputo e
potuto far meglio fino ad oggi. Amore di verità vuole si dica che altri
due calciatori hanno offerto prestazioni di uguale o superiore valore: Angelillo
e Nordahl, rispettivamente nei campionati a 18 e 20 squadre. Singolare, e gratificante
per i romanisti, è il fatto che tutti e tre questi"ptimatisti"abbiano
giocato nella Roma.
Guaita fra i vari soprannomi ebbe anche quello di "gentleman". Per
tutti divenne tale il giorno in cui fece annullare all'arbitro il gol che istintivamente
aveva segnato con la mano. Era il 1933, si giocava Estudiantes-San Lorenzo de
Almagro (3-1). Guaita, già autore dell' 1-0, a un certo punto entrò
in area e giunto a pochi metri dal portiere del San Lorenzo mise la palla in
gol colla mano. L'arbitro, coperto, non vide il fallo e indicò il centro
del campo. Il capitano del San Lorenzo, Fossa, gli chiese allora di sentire
Guaita, che tutti conoscevano per uomo sincero. Anche in quella occasione non
si smentì: "E' vero, ho fatto gol con la mano, va annullato".
Altri tempi....
SQUADRE |
RECORDMAN |
SOCIETA' |
RETI |
PRESENZE |
MEDIA |
STAGIONE |
16 |
Guaita |
Roma |
28 |
29 |
0,965 |
1934-35 |
18 |
Angelillo |
Inter |
33 |
33 |
1,00 |
1957-58 |
20 |
Nordhal |
Milan |
35 |
37 |
0,945 |
1949-50 |
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